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Cantoterapia



Laboratorio di CANTO CORALE

diretto dal dr. Giuseppe D’Amore

2014 – 2018

La malattia di Parkinson non si caratterizza solo per il tremore, i disturbi motori e le difficoltà nell’alimentarsi; molto spesso i pazienti non riescono a comunicare per le problematiche dell’eloquio, il progressivo irrigidimento dei muscoli facciali e l’indebolimento della voce influiscono negativamente sulla vita relazionale del paziente, che si ritrova così ancor più costretto nella “corazza” causata dalla malattia, con ripercussione sulla condizione psicologica. All’impaccio nei movimenti va a sommarsi la difficoltà di farsi comprendere dagli altri, incrementando così il senso di isolamento e favorendo l’instaurarsi di perdita di autostima e di autoefficacia. La finalità del laboratorio di canto con persone affette da Parkinson è quella di stimolare un miglioramento nell’utilizzo della voce, con l’obiettivo di alimentare le molteplici possibilità espressive dei pazienti e di far sperimentare loro una maggiore integrazione psicocorporea, in un contesto relazionale di fiducia: il canto diventa strumento per stimolare la “presenza” della persona. Il laboratorio di canto corale condotto dal dr. D’Amore era basato sulla “personalizzazione”: si iniziava con le scale musicali, per migliorare concentrazione e attenzione, e ogni persona riceveva la giusta attenzione e il deciso stimolo a cantare. Successivamente si passava alla coralità, all’unione delle voci, all’unione delle forze. Infine, si passava ai brani più ritmati e veloci, quelli che normalmente trascinano e mettono allegria. Inoltre, nel laboratorio del dr. D’Amore è stato introdotto il canto gregoriano, un canto “vocale”, non accompagnato da strumenti, e che utilizza un ritmo simile a quello del respiro. E infatti l’elemento più caratteristico del canto gregoriano è l’andamento lento e un ritmo libero, che sfugge alla costrizione metrica creando, così, un’armonia tra la fase cantata e il respiro del cantore, che favorisce la meditazione e l’interiorizzazione delle parole cantate, con un effetto fisiologico e psicologico molto profondo: il respiro rallenta e il cuore riduce la sua frequenza. In questo contesto musicale l’individuo può facilmente raggiungere uno stato di attenzione e rilassamento. I benefici derivanti dalla partecipazione al canto corale nelle funzioni religiose era già stato oggetto di uno studio pubblicato, alla fine degli anni ’90, sulla rivista Dementia da ricercatori della Canterbury Christ Church University e dell’Università del Sussex. Partendo dal presupposto che le funzioni religiose di ogni credo sono animate da canti corali, i ricercatori inglesi hanno dimostrato un effetto positivo su problemi comportamentali, psicologici e cognitivi. In 10 settimane è migliorata anche la capacità di svolgere le normali attività quotidiane in soggetti con segni di declino cognitivo. Il canto, infine, è anche linguaggio per comunicare, che evoca e rinforza le emozioni attraverso l’attivazione del sistema limbico. Il laboratorio era seguito con entusiasmo e sentita partecipazione.





Dott. Giuseppe D’Amore

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