“Ascolta come mi batte forte il tuo cuore”
(Wislawa Szymborska)
In questi pochi versi è racchiusa la grandezza del mio sogno: continuare a far battere forte il cuore della mia Mamma attraverso le opere di questa neonata Fondazione!
Ma chi è Antonietta Cirino?
Affido la sua descrizione alle parole del mio papà.
Nata il 13 giugno 1933 da Ugo e Filomena Preziosi, quinta di sei figli – tre dei quali, la prima sorellina, Annamaria, e due fratellini gemelli tra loro, Gerardo e Giuseppe, morti in tenera età. Una famiglia agiata, la sua, ma anche molto caritatevole, che ha saputo darle un’educazione cristiana molto profonda.
Ancora in tenera età perde il papà, uomo di grande valore civile e morale, a causa della guerra. Per una serie di vicissitudini che causarono molto dolore alla sua mamma, donna anch’Ella di grande statura morale, e che non è il caso di ricordare in questa sede, nonché a causa della perdita di ogni bene per gli effetti dei bombardamenti del 1945, la piccola Antonietta continuò la sua infanzia e la sua adolescenza in collegio, presso l’Istituto delle Figlie della Carità (meglio conosciute in Città come le “Suore Francesi”) dove ebbe modo di condurre gli studi ma anche di scoprire e coltivare “la bellezza del canto”, da Lei vissuto come un elevarsi verso la Bellezza, verso il Mistero che si dona a chi “si innalza” per aprirsi all’Incontro; e l’arte del ricamo, particolarmente del ricamo in oro, raffinata ed impreziosita nel corso degli anni.
E proprio grazie al “bel canto” (era voce solista della Corale del Duomo) e alle recite organizzate dall’Istituto dove trascorreva gli anni della sua giovinezza, fino al compimento della maggiore età, l’ho conosciuta … e non l’ho più “mollata”!!! Mi affascinava il suo sguardo, mi attraevano i suoi tratti distinti e garbati, le sue maniere di gentildonna… ero certo che fosse lei la donna della mia vita… e così è stato! Le sofferenze non le erano mancate: la perdita del papà, il distacco dalla mamma, verso cui nutriva un amore immenso, il distacco dai suoi due fratelli (una sorella più grande e un fratello più piccolo), la vita del collegio in un periodo difficile come il dopoguerra; però, grazie al suo carattere deciso e determinato, aveva saputo fronteggiare ogni difficoltà, superandole tutte egregiamente, sempre mostrando a tutti il suo accattivante sorriso.
Il 4 gennaio 1959, dopo un breve periodo di fidanzamento, ci sposammo, e a fine ottobre il nostro matrimonio fu coronato dalla nascita della nostra unica figlia, Rosmaria.
In quegli anni, a causa del mio lavoro, vivevamo ad Imperia, dove seppe inserirsi in un gruppo di amici che ancora oggi la ricordano con affetto, e ciò anche grazie alle sue qualità di cuoca prelibata: amava molto la convivialità.
Rientrati ad Avellino nel 1963, per non lasciar sola la mamma (fu una mia spontanea volontà), dopo pochi mesi fu vittima di un terribile incidente che la immobilizzò per un lungo periodo; da allora, è stato tutto un susseguirsi di malesseri e infermità, fino al Parkinson degli ultimi 25 anni… ma sempre ha saputo reagire con fede robusta e forza sovrumana.
Quanti hanno avuto modo di conoscerla, ricordano la sua gioiosa ilarità, pur in presenza di innumerevoli sofferenze. A tutti donava parole di conforto e amava il prossimo di quell’Amore versato sin dal battesimo nei nostri cuori, testimoniando – in tal modo – che là dove il limite umano diviene difficoltà, la grazia dischiude la porta alla via maestra dell’amore. Il 7 luglio 2010 ritornava alla Dimora Paterna, di Luce, Pace e Grazia, lasciando a me e mia figlia Rosmaria questa ricca eredità.
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